in
Trentino
Al
confine fra Alpi e Prealpi Giulie, ai piedi delle pietraie del Canin,
abili artigiani si tramandano in una lingua oscura il mestiere
tradizionale dell’incantevole val Resia,
È
mattina di un’estate d’altri tempi. Alcuni bambini giocano
all’aperto presso le loro abitazioni in un quartiere di
periferia. I cordoli del marciapiede e un’aiola delimitano
approssimativamente lo spazio in cui giocare a Quattro Cantoni.
Ma ecco che una figura in bicicletta si svela lentamente
dall’angolo di una casa. È ciò che basta per captare l’attenzione
dei bambini e farli correre a recare l’avviso: “Mamma,
mamma, è arrivato il guo!”. Altri tempi,
giochi non più proponibili, attività dimenticate, svolte però senza
l’assillo del traffico. Tradizionale artigiano della
val Resia,
l’arrotino sapeva anche diventare all’occasione riparatore di
pentole e di ombrelli. Il mestiere si diffuse nella valle
nell’Ottocento, quando le mutate condizioni economiche
costrinsero molti abitanti ad integrare le entrate familiari emigrando
per alcuni mesi dell’anno. I resiani divennero così noti nel
resto del Friuli e oltre, fino ai Paesi dell’Europa dell’est, come
abili artigiani affilatori ambulanti, attesi negli stessi luoghi
dalla stessa clientela, tramandata assieme al mestiere di padre in
figlio. L'attrezzo fondamentale dell'arrotino era la krosma,
nella quale un pedale azionava la mola per l’affilatura di
utensili a lama. Seppur dotata di ruote e di spallacci per il
trasporto, venne sostituita negli anni dalla bicicletta. Il mezzo a
due ruote garantiva una più comoda percorrenza di lunghi tratti e
diventava esso stesso mezzo di lavoro. La catena di trasmissione
azionata dai pedali all’occorrenza portava il movimento
Arrotino
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non più
alle ruote
bensì alla mola posta presso la canna della bicicletta.
Posta sul
margine orientale del Friuli Venezia Giulia, la
val Resia è una valle chiusa originata dall'omonimo
torrente, tributario del Fella. Dall’ansa finale di
Resiutta, il solco principale risale da ovest ad est
per concludersi abbracciando l’ampio anfiteatro di monti
disegnato dal massiccio del Canin e del Guarda. Geograficamente ci troviamo in una zona
particolare, poiché Alpi e Prealpi Giulie trovano il loro
punto d’incontro proprio alla testata della val Resia. San
Giorgio, Prato di Resia, Gniva, Oseacco, Stolvizza e
Coritis sono i nomi delle principali frazioni, ma a
queste vanno aggiunte anche diverse altre piccole borgate.
All’altezza dell’abitato di San Giorgio, una strada
sale alla sella di Carnizza per poi proseguire nella
valle laterale di Uccea, compresa tra i monti Musi e la
dorsale tra Nische e Guarda. Le due valli costituiscono il
diretto trait d’union tra l’Isonzo e il Tagliamento e
questo ben lo sapevano i nostri comandi quando,
nell’autunno del 1917, durante i terribili giorni di
Caporetto, riuscirono a sbarrare il passo agli
austro-germanici. Assieme ad altre battaglie dimenticate
come quelle di Ragogna, di Pradis e di forcella
Clautana, anche la battaglia della
val Resia rallentò
l’avanzata nemica contribuendo in ultima analisi alla
riorganizzazione del nostro esercito. La conformazione
della valle ha permesso di localizzare sulle alture
della destra orografica le attività di alpeggio. É
proprio su questo versante, infatti, che si trova
una delle più estese aree prative, l’ondulato
altopiano del Pusti Gost. Opportunamente liberate dalla
vegetazione, queste praterie furono in grado di
fornire spazi per la fienagione e l’allevamento. Dagli
insediamenti più grandi e stabili del fondovalle, la
popolazione saliva fino agli stavoli in quota
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per i lavori connessi alla stagione dell’alpeggio. Questi
insediamenti sono ancor oggi ben collegati da una fitta rete di strade
sterrate e di sentieri che si muovono sul filo della
memoria passata. Chi sfruttò più di altre popolazioni queste possibilità di pascolo furono gli slavi alpini,
gente di ceppo slavo provenienti dall’attuale Carinzia che nei
secoli VI e VII d.C. migrarono verso sud e si insediarono nelle
valli dell’Alto Friuli, compresa la val Resia, dove crearono gran
parte del paesaggio antropizzato esistente. Della cultura e delle
antiche tradizioni di questa etnia, sopravvissute nei secoli,
seppur modificate, rimane, tra le altre, ancora oggi il (püst)
carnevale, il ricco patrimonio immateriale costituito da miti, fiabe
e leggende (pravice) e la peculiare tradizione musicale popolare
che si esplica nel canto, nella danza e nella musica suonata con
i tipici strumenti resiani.
Gli abili artigiani resiani si radunano
ogni anno nelle vie del
paese con l’attrezzatura per affilare a disposizione dei turisti che
si recano con forbici e coltelli da tirare a lucido.
Vengono esposte lungo le vie le antiche
krosme
e le ingegnose biciclette mentre da ogni angolo volano le
scintille della mola. Artisti dipingono gli scorci più
interessanti del borgo e nei cortili delle case, mentre le
aziende locali offrono degustazioni a base del famoso Aglio
di Resia. Non può mancare la visita al Museo dell’Arrotino
dove sono esposte mole affilatrici, biciclette e antichi oggetti da
taglio assieme a foto storiche e testi esplicativi.
@nonnoenio
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